Sia ella
per tutti, allora, un esempio di
abbandono fiducioso nelle mani di Dio e di preghiera, in senso sia formale sia esistenziale, per aver
riempito le sue “vuote” giornate con la lode e il ringraziamento al
Signore, forte solamente del cibo eucaristico, della santa Parola della Bibbia
e della devozione alla Madonna, pregata più volte nel Rosario quotidiano e
invocata fiduciosamente come Salute degli
infermi.
2.
Via Crucis, via Lucis. La “Monachella di
san Bruno”, come la chiamarono i suoi compaesani a partire dal 1915, era nata a Sant’Andrea Jonio (provincia di
Catanzaro) il 2 Marzo 1875, da Bruno Samà (bracciante) e da Marianna Vivino
(filatrice). Papà Bruno morì il 20 giugno 1874, e perciò non vide la nascita di
sua figlia. Battezzata il giorno dopo la nascita, ricevette dalla madre
(rimasta per sempre vedova) la prima formazione cristiana. Verso i sette anni le
furono impartite la Prima comunione e Cresima. La famiglia viveva in condizioni
di estrema povertà in una cameretta di appena 12 metri, simile ad una cella,
dove non entrava mai il sole.
A dodici
anni, dopo aver bevuto dell’acqua presumibilmente infetta, cominciò ad accusare
disturbi neurovegetativi che fecero pensare addirittura a una ossessione
diabolica. Da remissiva era diventata ribelle e pronunciava talvolta anche
parole orribili (che potevano essere suggerite dal maligno, ma erano causate dalla
coprolalia collegabile ai suoi disturbi neurologici, o addirittura un
grido di dolore, scomposto e quasi disperato a Dio, perché l’aiutasse). Furono otto
difficili anni per lei, per la madre e tutta la comunità, vissuti nell’angoscia
dell’ossessione vera o presunta. Nel giugno 1894, tuttavia, dopo le preghiere
di liberazione del Priore della Certosa di Serra san Bruno e di alcuni monaci, la
ragazza guarì dalla consapevolezza di essere ossessa ed ebbe anche un
miglioramento fisico, attribuito all’intercessione di San Bruno di Colonia.
Trascorsi un paio di anni, durante i quali sembrava migliorata nella salute
fisica, Mariantonia ritornò, all’immobilità nel letto. Sarà la pedagogia
della croce a condurla verso la piena consapevolezza del proprio stato ed
all’accettazione del corpo malato in unione con Gesù crocifisso.
Per 57
anni, fino alla morte, Mariantonia stette in posizione supina nel letto, con le
ginocchia sempre alzate e contratte, in tutto dipendente dagli altri. Visse
così un lungo e doloroso calvario, una vera via Crucis, che
tuttavia, per chiunque la frequentasse, diventava una Via Lucis, in
quanto sopportava con la forza dell’amore ogni dolore, volgendo lo sguardo al
Crocifisso, il
suo “bel Gesù”, offrendo buoni consigli
a chi le stava accanto. Morta la madre il 24 febbraio 1920, fu assistita da
volontarie, tra le quali un’anziana donna che stava sempre con lei, notte e
giorno. Le Suore Riparatrici del Sacro Cuore della venerabile Isabella
De Rosis (già appartenente alle Ancelle del Sacro Cuore di santa Caterina
Volpicelli) ne curavano la formazione spirituale nel letto di dolore,
trasmettendole una sensibile devozione allo Spirito Santo ed al Sacro Cuore di
Gesù, al quale Mariantonia si rivolgeva con vero spirito di “riparazione
eucaristica”. Verso il 1915, le Suore l’aggregarono alla loro Congregazione
nella quale emise i voti privati, indossando un velo nero sul capo: da allora, fu
per tutti la “Monachella di San Bruno”. Il paese di Sant’Andrea Jonio si prese
cura di lei e della sua badante, sovvenendo a tutti i bisogni primari. La
nostra beata, a sua volta, condivideva volentieri con gli altri bisognosi del
paese quanto le veniva donato. La sua cameretta era diventata un piccolo
tempio, dove si recitava il Rosario tre volte al giorno e tutti potevano
trovare un consiglio o una parola buona.
Morì il
27 maggio 1953 alle dieci del mattino, guardando il Crocifisso e pronunciando i
santi nomi di Gesù e di Maria. La salma, deposta nella bara aperta, fu
accompagnata in processione per le vie del paese, in considerazione della sua
fama di santità. L’atto di morte, scritto dall’arciprete don Andrea Samà,
inizia con queste annotazioni: “Samà Maria Antonia, morta in concetto di
santità, […]”. I doni carismatici a lei attribuiti già in vita, sono numerosi:
guarigioni, profezia, estasi, introspezione, profumo, bilocazione; le sue virtù
umane e cristiane sono rare, preziose ed eroiche: l’umiltà, la semplicità, la
modestia, la serenità, la pazienza, la generosità, la fiducia nella
Provvidenza, la carità e la disponibilità verso il prossimo. Il suo velo, alla
morte, fu tagliuzzato in tanti pezzetti, perché molti richiedevano già una sua
reliquia.
Sepolta
inizialmente nella cappella delle suore, sulla sua tomba fu scritto: “Visse
solo per amore; per 60 anni per amore si purificò; dal cielo addita a tutti la
via dell’amore”. La solenne traslazione dei resti mortali della nostra Beata
Mariantonia dal Cimitero nella Chiesa parrocchiale “Santi Pietro e Paolo” di
Sant’Andrea Jonio avvenne il 3 agosto 2003.
3.
Sequela Christi. Il cammino spirituale di
Mariantonia sia per tutti noi l’esempio della sequela Christi. Discepola di Cristo sulla via della croce, accompagnata
da Maria, la Mamma celeste, ella non cessò di amare il
Signore Gesù e mai lo offese con il peccato. Tutti i testimoni hanno ricordato il
suo vivere la disabilità in modo eccezionale con spirito di fede e di
fortezza. La sua straordinarietà consistette nel vivere l’ordinario in modo
non comune. Dopo avere studiato a fondo la spiritualità della nuova Beata, un
teologo ha dichiarato: «Le sue virtù si sono fortificate nella prova: la sua
condizione di donna inchiodata in un letto ha sviluppato in lei non soltanto la
rassegnazione e l’abbandono nelle mani del Signore, ma la consapevolezza di
fare qualcosa per gli altri, dando l’esempio ammirabile di testimoniare il
Signore in condizioni di indigenza e di sofferenza».
Mariantonia non si chiuse, insomma,
nel suo “io” ferito e diversamente abile, al contrario, mentre pronunciava
il suo “fiat” al Padre che l’aveva chiamata a testimoniare il suo amore
nella sua disabilità, si donava quotidianamente a tutti grazie alla propria immolazione
ed attenzione alle sofferenze altrui.
Ora, invocandone l’intercessione come Beata, possiamo chiedere di ottenere
anche noi da Dio il dono del vero discepolato cristiano e dell’accettazione
delle sofferenze in unione a quelle del Cristo Crocifisso. Ha
testimoniato il maestro Bruno Voci: «La fama di santità della “malata di San
Bruno”, sorta spontanea nel nostro paese, è andata diffondendosi ovunque e la
pudica miseria del suo abituro è divenuta elemento di ammirazione, quasi
cornice a far risaltare quella modesta persona di elevata virtù che c’era
dentro. Se poi consideriamo l’afflusso di gente di ogni tipo e gli effetti
edificanti che promanavano da quella donna straordinaria, assisa da decenni in
quella posizione, nonché le sue parole semplici e pur ricche di insegnamento,
dobbiamo concludere che la “malata di San Bruno” fu come antenna ripetitrice di
vangelo vivente».
4.
Salus infirmorum, ora pro
nobis! La Beata Mariantonia Samà sia da oggi l’emblema dei
malati gravi e di chi è allettato inevitabilmente. Dopo la preghiera di
liberazione, avvenuta alla Certosa di Serra San Bruno, la vita della giovane
Mariantonia cambiò radicalmente in un ininterrotto crescendo nella pratica di
tutte le virtù. Benché inferma, fu “occasione di salvezza” per chiunque la
conoscesse o la frequentasse. Da quando si riammalò e rimase “inchiodata” a letto per ben 57 anni (1896-1953), la sua malattia si manifestò sotto forma di
debolezza fisica generale e di contrazioni muscolari seguite da immobilità.
Tuttavia, non soffrì mai, di piaghe da decubito.
Contemplando
la croce a poco a poco il suo letto di dolore divenne una specie di pulpito.
Era giudicata santa dalla gente che andava a trovarla per ricevere conforto:
consigliava, incoraggiava, invitava tutti a vivere di fede, a confidare nella
infinita misericordia di Dio. Il redentorista padre Carmine Cesarano, il confessore
che le portava l’Ostia consacrata tutti i giorni e poi divenuto Vescovo, il 12 luglio
1904 rilasciò questa testimonianza scritta: «È un fatto meraviglioso. Questa
giovinetta di misera condizione che abita un bugigattolo, cioè una casa
angusta, senza aria e priva di tutti i mezzi, si mantiene calma, serena tra i
dolori dell’infermità e soltanto desidera ricevere Gesù Cristo spesso nella
santa Comunione. Ogni volta che vado a riconciliarla assisto a uno spettacolo
consolante di tanta conformità alla volontà di Dio».
La sua
calma, la sua serenità in quello stato tanto doloroso ed umiliante, causa di
penosi disagi a causa dell’immobilità e dell’estrema povertà, desiderosa
soltanto di ricevere Gesù nell’Eucaristia e di totale abbandono alla volontà di
Dio, sono
segni
evidenti del suo costante
progresso nella pratica di tutte le virtù umane e cristiane, attestano anche un
avanzamento confermato dall’ammirazione e dalla commozione (che destava nel suo
stesso confessore), dall’immensa stima di cui godeva da parte di chiunque: bambini,
suore, sacerdoti, Vescovi, ed infine, della santità che la circondava. A quanti
andavano a farle visita cercava di trasmettere l’abbandono alla volontà di Dio,
inculcava il culto del Sacro Cuore, la pia pratica dei primi 9 venerdì del
mese.
5.
Et imperitos docete (Esd 7,25). L’“analfabeta” Mariantonia, insegnava con la propria esistenza,
che era ed è per tutti una ininterrotta lezione di teologia spirituale e di ascesi della sofferenza. Nel libro di
Esdra, ordinando al profeta di istruire sia coloro che già conoscono la
Legge, sia gli inesperti, si legge: «Et imperitos docete», cioè insegnate
agli inesperti. Mariantonia, esercitando la
profezia della vita, ha, in particolare, insegnato ad amare, soffrendo con Gesù
sulla croce e sempre sostenuta da Maria Vergine. È stata considerata, perciò,
come il “parafulmine del paese” grazie alle preghiere offerte, consigli ed il discernimento
spirituale.
In questo
senso, quanto è davvero insegnante silenziosa tanto oggi quanto per il
futuro: ci interpella sul senso della vita come dono, sulla scelta dei valori e
sulla forza della Grazia. Nella sua lunga immobilità, mai si lamentò
contemplando, invece, il suo bel Gesù, posto di fronte al letto, esclamava:
«Sia fatta sempre la Tua volontà». Nella sua condizione di diversamente
abile, crocifissa con Gesù e amata da lui, ci apre ai segreti della fede, alla
sua bellezza, alla lode del Creatore in ogni circostanza e ci spinge a
ripudiare ogni minaccia alla vita, dall’alpha all’omega.
È icona del mistero pasquale di Gesù. Il suo nutrimento, è
l’Eucaristia, pane degli Angeli, centro della sua giornata mai vuota: è
costantemente nelle mani di Dio, riempita di preghiera, di offerte, di
sacrificio. È stato dichiarato da un testimone: «La figura esemplare di
Mariantonia Samà è per la Chiesa un capitale unico, una credibile proposta di
evangelizzazione sul dono della vita e sul mistero della sofferenza, mentre per
la società di oggi è un richiamo a vivere le molteplici condizioni di povertà e
di dolore all’insegna della vicinanza solidale, strumento straordinario per la
costruzione della pace tra i popoli». Mariantonia ha nutrito una grande
fiducia nel Padre Creatore e Provvidente, ha creduto e invocato lo Spirito
Santo che l’ha guidata secondo la sua sapienza; ha coltivato una tenera
devozione alla Madonna e ai santi, specialmente a San Francesco di Paola e a
San Bruno di Colonia, la cui reliquia era appesa al muro accanto al suo
giaciglio. Le suore e il parroco l’hanno aiutata con la lettura del Vangelo e
della vita dei santi. Per suor Agnese Mahimai Mariantonia «era molto fiduciosa
nel Signore e offriva a Lui le sue sofferenze».
Speranza
e fiducia sono termini simili. Mariantonia ha vissuto in modo sereno la
malattia, fino al punto di sorridere e sperimentare la gioia pur nell’acuta sofferenza,
consapevole di potersi fidare totalmente di Gesù Signore, dal quale aveva
ricevuto la vita, l’affetto della mamma, l’amicizia dei vicini e, soprattutto,
il dono della fede. Ha testimoniato la biografa Dora Samà: «La Serva di Dio
non ha mai dubitato dell’aiuto misericordioso del Signore Gesù, non si è mai
lamentata del suo stato di immobilità, povertà e dipendenza dagli altri. Sin
dall’inizio dell’infermità si è rifugiata nel Cuore amabilissimo di Gesù, per
trovare sollievo e forza nelle dolorose prove del suo lungo calvario».
6.
Signa et mirabilia, quae
fecit apud me Deus excelsus, placuit mihi praedicare (Dan 3,99 vulg.). Mi piace predicare i segni e le cose
meravigliose che il Dio eccelso ha compiuto su di me. Così canta l’oracolo del
profeta Daniele. Per
intercessione della Venerabile Mariantonia Samà, è avvenuto un miracolo, che la
Chiesa ha riconosciuto e tutti dobbiamo conoscere. Riguarda la guarigione
istantanea, perfetta, completa e
duratura delle ginocchia artrosici di Maria Antonia Codispoti, dal 13 dicembre
2004 fino alla morte, avvenuta il 24 aprile 2016. La signora Codispoti era nata
a Sant’Andrea Apostolo sullo Ionio, paese della Venerabile, ma risiedeva a
Genova con il fratello Vincenzo. La sua patologia nella sua forma acuta risaliva
al 2002. Accusava “dolori insopportabili” (sue parole). Il medico curante ha
riconosciuto che la signora “da anni era
affetta da grave malattia
degenerativa alle articolazioni delle ginocchia”. Le risonanze magnetiche
attestavano la presenza di una “patologia
osteoarticolare ben evidente” alle ginocchia, con referto: “Gonartrosi tricompartimentale e segni di
condropatia”. Per il medico curante la risposta risolutiva al caso clinico
della grave malattia degenerativa della signora Codispoti era quella
chirurgica. Ma la paziente non ne voleva sapere, giacché doveva curare il fratello,
colpito da ischemia cerebrale, ed allettato. Accettava solo la terapia
antidolorifica a base di Paracetamolo e Codeina (dosi massime). Scrive: «Mi
rassegnai a vivere in quello stato di atroce sofferenza, continuando a
ricorrere con maggiore frequenza, ad antidolorifici sempre più forti».
La sera del 12 dicembre 2004 era
“sofferente più del solito”, al punto di non alzarsi neppure per attivare
l’ossigeno al fratello ansimante. In questa circostanza estrema, invocò Dio
attraverso l’intercessione di Mariantonia. «Al risveglio - ella racconta
- iniziai a muovere le gambe con molta cautela, come facevo sempre per
evitare i soliti dolori lancinanti, ma capii subito che quella mattina del 13 Dicembre
era diversa, perché riuscii a scendere dal letto senza alcun male e,
addirittura, mi ritrovai in piedi, alta e dritta, vedendo così nello specchio
un’immagine diversa da quella degli ultimi mesi». Da quel giorno la signora
riacquistò autonomia e indipendenza per uscire di casa, senza avvertire più
alcun dolore, facendo senz’alcuna difficoltà le scale (abitando al terzo piano).
Da quel giorno il medico curante, non prescrisse più alcuna terapia
antidolorifica.
La “miracolata” era divenuta
completamente autonoma nelle attività domestiche, camminava liberamente ed ha
potuto assistere il fratello Vincenzo novantenne. Nel 2013, a 89 anni, la
signora è entrata in una casa di cura, dove, pur non avendo più dolore alle
ginocchia, ha iniziato a camminare per prudenza con l’aiuto del girello fino al
giorno della morte, dovuta ad un ictus.
La malattia artrosica è una
affezione degenerativa che tende a progredire e non certo a regredire. Appare
difficilmente spiegabile sia la scomparsa improvvisa e totale dei dolori accusati
per vari anni, sia la scomparsa dell’impotenza funzionale che accompagnava la
sintomatologia dolorosa. Ciò che meraviglia, è l’assenza totale (non parziale) del dolore alle
ginocchia, dal fatidico 13 dicembre 2004 fino alla morte (2016), cioè, per ben 12 anni, benché le
ginocchia fossero affette da grave gonoartrosi.
7.
Mariantonia, ora pro nobis! La figura di Mariantonia Samà oggi viene proposta al popolo di Dio quale
esempio della possibilità di vivere in pienezza la fede cristiana, da parte di
chiunque, anche di chi si trovi in circostanze o condizioni di malattia e grave
infermità.
Il suo
messaggio di vivere l’amore nella sofferenza è molto attuale nel nostro clima
culturale, nel quale si registra una tensione contraria, dove la competizione
favorisce i “normali” ed emargina i diversi. L’abbandono fiducioso nelle mani
di Dio, il suo fiat le ha permesso di avere da parte di Dio la grazia di
vivere tutto come un dono e diventare lei stessa donazione per gli altri. In lei si può ammirare una di quelle
meraviglie della grazia, che lo Spirito continua ad operare nei piccoli che si
aprono senza riserve alla sua azione (cf. Lc 1,48-49; 10,21-22).
La sua
fama di santità, confermata da un miracolo, oggi è molto diffusa, a partire
dalla comunità di Sant’Andrea Jonio. Sia la tomba sia il tugurio dove visse la sua esistenza di
fede, (oggi restaurato), sono e saranno meta di fedeli che con devozione li visitano,
trovando motivazioni
per compiere un percorso di fede e di conversione e invocando grazie da Dio
attraverso la sua intercessione. Insomma Mariantonia è un dono di Grazia,
suscitato dallo Spirito Santo nella nostra Chiesa particolare, che oggi viene
additato come esempio a tutta la Chiesa. Mariantonia Samà, prega e intercedi per
noi presso il trono dell’Altissimo!
Appendice 1
Prospetto cronologico della vita della Beata Mariantonia Samà
1875, 2 marzo: Mariantonia nasce a Sant’Andrea Jonio
da Marianna Vivino e da Bruno, morto pochi giorni dopo averla concepita: il 20
giugno 1874.
3 marzo: Battesimo nella Chiesa parrocchiale.
1882: verso i sette anni riceve la prima Comunione e la Cresima.
1886: a 11 anni beve in un acquitrino acqua infetta.
Da lì iniziano i disturbi neurovegetativi che fanno pensare addirittura che sia
preda di un’ossessione diabolica.
1894, giugno: dopo anni di “orribili strazi” che la
obbligano a letto contratta, avviene la preghiera (di esorcismo) a Serra San
Bruno e la Serva di Dio è liberata dalla presunta ossessione diabolica. Sta
benino per circa due anni. Poi ricade nella condizione di grave disabilità.
1896: È di nuovo costretta a letto e vi resterà per
tutta la vita.
1915: Si consacra con voti privati e diventa “la
Monachella di San Bruno”.
1920, 24 febbraio: muore la madre. Sono quattro le
compaesane che si alternano al suo capezzale. Le suore Riparatrici del Sacro
Cuore si prendono cura della sua persona e della sua formazione spirituale.
1953, 27 maggio: alle ore 10 avviene il pio transito
della Serva di Dio. Le esequie sono un’apoteosi di popolo. La salma viene
portata in processione per le principali vie del paese.
29 Maggio: avviene la tumulazione.
1993-1995: si celebra il Sinodo diocesano, per
volontà di Mons. Antonio Cantisani.
1996, giugno: viene dato alle stampe il libro Santi tra noi con il profilo
della Serva di Dio, scritto da Don Gerardo Mongiardo.
2002, 2 ottobre: mons. Cantisani autorizza la
traslazione dei resti mortali della Serva di Dio dal cimitero in un nuovo
sepolcro nella Chiesa parrocchiale “Santi Pietro e Paolo”.
2003, maggio: il parroco di sant’Andrea, don
Francesco Palaia, pubblica il volumetto di don Gerardo Mongiardo “Mariantonia Samà – la monachella
di San Bruno (1875-1953) – 60 anni di Amore-crocifisso”.
2003, 3 agosto: avviene la traslazione dei resti
mortali della Serva di Dio dal Cimitero alla chiesa parrocchiale. Presiede mons.
Cantisani.
2006, luglio: l’insegnante Dora Samà pubblica la
biografia “Una vita nascosta in Cristo
– la
Monachella di San Bruno”.
2007, 9 febbraio: inizia la Causa di beatificazione.
L’Arcivescovo mons. Ciliberti costituisce il Tribunale e la Commissione
storica. L’Attore è il parroco di Sant’Andrea Jonio.
2011, 20 ottobre: il
neo Arcivescovo, mons. Vincenzo Bertolone, costituisce un nuovo Tribunale per
completare l’iter ed arricchire la Causa di altre testimonianze.
2012, 31 gennaio: il
nuovo Tribunale conclude i lavori dell’Inchiesta suppletiva.
2012, 9 giugno: la
Congregazione emette il decreto di validità sulle due Inchieste diocesane.
2017, 18 dicembre: Papa Francesco riconosce le
virtù eroiche. Mariantonia è proclamata Venerabile.
2020, 7 luglio: il Collegio dei Cardinali e Vescovi consultori esprime il voto
favorevole sul miracolo ottenuto per intercessione di Mariantonia Samà.
2020, 10 luglio: Papa Francesco autorizza la
Congregazione a promulgare il Decreto riguardante il miracolo, che porta la
Venerabile alla Beatificazione.
2021, 3 ottobre: Il Cardinale Marcello Semeraro legge il Decreto di Beatificazione di Mariantonia Samà nella Basilica dell'Immacolata in Catanzaro
Appendice 2
Preghiamo.
Padre
misericordioso,
non
cesseremo mai di ringraziarti
per
aver donato a queste terre del Sud
la
dolce ed umile creatura Mariantonia Samà
che
a te si consacrò
donandoti
il suo cuore e la sua sofferenza.
Giacque
immota in un letto
per
quasi sessant’anni
senza
un lamento, una lacrima,
un
moto di sconforto.
Ella
trovò nella preghiera
e
nell’Eucaristia la forza
per
sorridere agli altri
che
venivano a lei per essere ascoltati e consolati.
Pregando
Te e la Beata Vergine, Salute dei malati,
divise
il pane che le veniva donato
con
i tanti indigenti
del
contado.
Così
visse.
Morì
fissando dal giaciglio
il
quadro del “suo Bel Gesù”.
Volle
offrire il suo lungo e ininterrotto dolore
per
riparar le offese al Sacro Cuore
e
rendere più santi i ministri ordinati.
O
Padre, concedici oggi la grazia che imploriamo per sua intercessione…
Proclamata
Beata dalla Chiesa, concedici la gioia
di
saperla glorificata come santa
in
cielo e sulla terra.
Amen.
[Tre
Pater, Ave, Gloria]