La beatificazione di Mariantonia e Nuccia Tolomeo - Basilica dell'Immacolata di Catanzaro, 3.10.2021

domenica 3 ottobre 2021

21. La Venerabile Mariantonia Samà dichiarata BEATA (3 ttobre 2021)


Il 3 ottobre 2021, nella Basilica dell'Immacolata, il Cardinale Marcello Semeraro ha letto il decreto di  beatificazione di Mariantonia Samà e di Gaetana (Nuccia) Tolomeo, di Papa Francesco. L'Amministratore pastorale di Catanzaro-Squillace Mons. Angelo Alessandro Panzetta; Postulatore romano Padre Carlo Calloni, Cappuccino; Vice postulatore Padre Pasquale Pitari, Cappuccino.
 

 

 
Venerdì 10 luglio 2020, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Durante l’Udienza, il Sommo Pontefice ha autorizzato la medesima Congregazione a promulgare il Decreto riguardante il miracolo, attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio Mariantonia Samà. 
 
IL MIRACOLO  (nella foto sotto a destra la miracolata, col fratello e la nipote)
 
 

Il miracolo riguarda la guarigione istantanea, perfetta, completa e duratura delle ginocchia artrosici di Maria Vittoria Codispoti, dal 13 dicembre 2004 fino alla morte, avvenuta il 24 aprile 2016.
La signora Codispoti era nata a Sant’Andrea Apostolo sullo Ionio, paese della Venerabile, ma risiedeva a Genova con il fratello Vincenzo. La sua patologia nella sua forma acuta risaliva al 2002. Accusava “dolori insopportabili” (sue parole). Il medico curante ha riconosciuto che la signora “da anni era affetta da grave malattia degenerativa alle articolazioni delle ginocchia”. Le risonanze magnetiche attestavano la presenza di una “patologia osteoarticolare ben evidente” alle ginocchia, con referto: “Gonartrosi tricompartimentale e segni di condropatia”. Per il medico curante la risposta risolutiva al caso clinico della grave malattia degenerativa della signora Codispoti era quella chirurgica. Ma la paziente non ne voleva sapere, giacché doveva curare il fratello, colpito da ischemia cerebrale, ed allettato. Accettava solo la terapia antidolorifica a base di Paracetamolo e Codeina (dosi massime). Scrive: «Mi rassegnai a vivere in quello stato di atroce sofferenza, continuando a ricorrere con maggiore frequenza, ad antidolorifici sempre più forti».
La sera del 12 dicembre 2004 era “sofferente più del solito”, al punto di non alzarsi neppure per attivare l’ossigeno al fratello ansimante. In questa circostanza estrema, invocò Dio attraverso l’intercessione di Mariantonia.
«Al risveglio - ella racconta - iniziai a muovere le gambe con molta cautela, come facevo sempre per evitare i soliti dolori lancinanti, ma capii subito che quella mattina del 13 Dicembre era diversa, perché riuscii a scendere dal letto senza alcun male e, addirittura, mi ritrovai in piedi, alta e dritta, vedendo così nello specchio un’immagine diversa da quella degli ultimi mesi». Da quel giorno la signora riacquistò autonomia e indipendenza per uscire
di casa, senza avvertire più alcun dolore, facendo senz’alcuna difficoltà le scale (abitando al terzo piano). Da quel giorno il medico curante, non prescrisse più alcuna terapia antidolorifica.
La “miracolata” era divenuta completamente autonoma nelle attività domestiche, camminava liberamente ed ha potuto assistere il fratello Vincenzo novantenne. Nel 2013, a 89 anni, la signora è entrata in una casa di cura, dove, pur non avendo più dolore alle ginocchia, ha iniziato a camminare per prudenza con l’aiuto del girello fino al giorno della morte, dovuta ad un ictus.
La malattia artrosica è una affezione degenerativa che tende a progredire e non certo a regredire. Appare difficilmente spiegabile sia la scomparsa improvvisa e totale dei dolori accusati per vari anni, sia la scomparsa dell’impotenza funzionale che accompagnava la sintomatologia dolorosa.
Ciò che meraviglia, è l’assenza totale (non parziale) del dolore alle ginocchia, dal fatidico 13 dicembre 2004 fino alla morte (2016), cioè, per ben 12 anni, benché le ginocchia fossero affette da grave gonoartrosi.







La “Monachella di san Bruno”
proclamata Beata dalla Chiesa
Lettera pastorale
di mons. Vincenzo Bertolone
in occasione della Beatificazione
di Mariantonia Samà (1875-1953)

1.         Nuntio vobis gaudium magnum. Carissimi fratelli e sorelle, carissimi membri dell’unico collegio presbiterale di Catanzaro-Squillace, consacrate e consacrati: con grande gioia vi annuncio che il processo di beatificazione della “Monachella di san Bruno” ha raggiunto il suo obiettivo, frutto del Sinodo diocesano (anni 1993-1995), vero dono di Dio, indetto dal mio venerato predecessore mons. Antonio Cantisani il quale scrisse: «Nel 1995, a conclusione del Sinodo diocesano, che aveva esaltato la santità feriale, ho voluto pubblicare un opuscolo, “Santi tra noi”, per fare conoscere figure di fedeli della diocesi che nel secolo XX si sono distinti per aver vissuto la misura alta della vita cristiana ordinaria».

        Tra i profili di “santità feriale”, c’era anche la “nostra” Mariantonia Samà, che la Chiesa proclama oggi Beata e noi potremo invocarne l’intercessione. Nell’ottobre 2011 dopo pochi mesi dal mio ingresso ho ripreso la Causa condotta precedentemente da Delegato episcopale don Edoardo Varano, e l’ho affidata a P. Pasquale Pitari. Il 18 dicembre 2017 papa Francesco l’aveva proclamata Venerabile. Nel gennaio dello stesso anno il postulatore romano, padre Carlo Calloni, aveva presentato alla Congregazione delle Cause dei santi la Positio super miro, relativa ad un presunto miracolo attribuito alla intercessione della Serva di Dio Mariantonia Samà. La consulta dei medici, nominata dalla medesima Congregazione, esaminati i dati documentali medici, il 15 Luglio 2019 ha espresso voto positivo. Il 29 ottobre 2019 la commissione dei teologi, ha espresso anch’essa voto positivo sul presunto miracolo. Il 7 Luglio 2020 il Congresso dei Cardinali e dei Vescovi ha riconosciuto il miracolo e il Santo Padre il 10 Luglio 2020 ha autorizzato la Liturgia per la Beatificazione della “nostra” Mariantonia Samà.

La vita di questa donna del territorio di Catanzaro è stata contrassegnata dalla piena adesione al mistero della croce di Cristo e della sua risurrezione, la sua spiritualità, e pertanto, primariamente pasquale. Ha, partecipato alla missione redentiva di Gesù, accettando con serenità e letizia dalle mani di Dio la grave sofferenza fisica, vivendola in comunione con il suo bel Gesù, come confidenzialmente lo chiamava. Ebbe coscienza di associare la propria sofferenza umana al dolore salvifico del Signore cooperando con Gesù alla salvezza del mondo. Il suo analfabetismo, ma ricco della sapienza dello Spirito Santo, non le impedì di esprimere la capacità “carismatica” dell’accoglienza, del consiglio e della consolazione a favore delle persone che accorrevano da lei, soprattutto nei terribili anni della seconda guerra mondiale. Dal suo letto di dolore, dove visse immobile per quasi sessant’anni, Mariantonia portava tutti al bene, a Dio. Il suo ultimo consiglio fu: «Fa’ del bene sempre, che riceverai bene».

Mi fa tanto piacere, pertanto, che la prima Beata nella storia della nostra arcidiocesi sia lei, Mariantonia Samà, perché, a sua imitazione, la nostra Chiesa particolare - sposa del Cristo Risorto – sia, per tutte le donne e per tutti gli uomini del Sud e dell’Italia, come una “insegnante silenziosa”, in grado di interrogare sul genuino senso della vita, soprattutto quando questa appare improduttiva e insignificante sotto il profilo meramente efficientistico.

Chi s’imbatte, nella figura della Beata Mariantonia Samà, non può non interrogarsi su come ella abbia potuto vivere serena e gioiosa in quelle sue condizioni di immobilità a letto e dipendenza totale dagli altri, senza mai lamentarsi, dicendo spesso al Crocifisso che stava sulla parete: «Sia fatta sempre la Tua volontà».

Mariantonia aveva ben compreso che ogni vita, nonostante ogni menomazione e/o deformazione, è pur sempre un dono di Dio e, come tale, va accolta e vissuta perché ogni persona umana è unica e speciale nel suo modo di essere, indipendentemente dal suo stato di salute e dalle diverse abilità. Quale grande insegnamento per le persone di oggi, che spesso credono di poter padroneggiare, (talvolta spadroneggiare), la vita, dalla nascita fino al suo termine naturale! Ella insegna alle donne e agli uomini di oggi a lodare il Creatore nella salute e nella malattia, soprattutto a contrastare chiunque proponga la legittimità morale dell’aborto, dell’eutanasia o dell’assistenza al suicidio, oppure teorizzi l’abbandono dei meno dotati, o cerchi di eliminare in partenza esistenze umane scartate perché reputate inaccettabili o non corrispondenti ai paradigmi di accettabilità.
Sia ella per tutti, allora, un esempio di abbandono fiducioso nelle mani di Dio e di preghiera, in senso sia formale sia esistenziale, per aver riempito le sue “vuote” giornate con la lode e il ringraziamento al Signore, forte solamente del cibo eucaristico, della santa Parola della Bibbia e della devozione alla Madonna, pregata più volte nel Rosario quotidiano e invocata fiduciosamente come Salute degli infermi.

2.         Via Crucis, via Lucis. La “Monachella di san Bruno”, come la chiamarono i suoi compaesani a partire dal 1915, era nata a Sant’Andrea Jonio (provincia di Catanzaro) il 2 Marzo 1875, da Bruno Samà (bracciante) e da Marianna Vivino (filatrice). Papà Bruno morì il 20 giugno 1874, e perciò non vide la nascita di sua figlia. Battezzata il giorno dopo la nascita, ricevette dalla madre (rimasta per sempre vedova) la prima formazione cristiana. Verso i sette anni le furono impartite la Prima comunione e Cresima. La famiglia viveva in condizioni di estrema povertà in una cameretta di appena 12 metri, simile ad una cella, dove non entrava mai il sole.
A dodici anni, dopo aver bevuto dell’acqua presumibilmente infetta, cominciò ad accusare disturbi neurovegetativi che fecero pensare addirittura a una ossessione diabolica. Da remissiva era diventata ribelle e pronunciava talvolta anche parole orribili (che potevano essere suggerite dal maligno, ma erano causate dalla coprolalia collegabile ai suoi disturbi neurologici, o addirittura un grido di dolore, scomposto e quasi disperato a Dio, perché l’aiutasse). Furono otto difficili anni per lei, per la madre e tutta la comunità, vissuti nell’angoscia dell’ossessione vera o presunta. Nel giugno 1894, tuttavia, dopo le preghiere di liberazione del Priore della Certosa di Serra san Bruno e di alcuni monaci, la ragazza guarì dalla consapevolezza di essere ossessa ed ebbe anche un miglioramento fisico, attribuito all’intercessione di San Bruno di Colonia. Trascorsi un paio di anni, durante i quali sembrava migliorata nella salute fisica, Mariantonia ritornò, all’immobilità nel letto. Sarà la pedagogia della croce a condurla verso la piena consapevolezza del proprio stato ed all’accettazione del corpo malato in unione con Gesù crocifisso.
Per 57 anni, fino alla morte, Mariantonia stette in posizione supina nel letto, con le ginocchia sempre alzate e contratte, in tutto dipendente dagli altri. Visse così un lungo e doloroso calvario, una vera via Crucis, che tuttavia, per chiunque la frequentasse, diventava una Via Lucis, in quanto sopportava con la forza dell’amore ogni dolore, volgendo lo sguardo al Crocifisso, il suo “bel Gesù”, offrendo buoni consigli a chi le stava accanto. Morta la madre il 24 febbraio 1920, fu assistita da volontarie, tra le quali un’anziana donna che stava sempre con lei, notte e giorno. Le Suore Riparatrici del Sacro Cuore della venerabile Isabella De Rosis (già appartenente alle Ancelle del Sacro Cuore di santa Caterina Volpicelli) ne curavano la formazione spirituale nel letto di dolore, trasmettendole una sensibile devozione allo Spirito Santo ed al Sacro Cuore di Gesù, al quale Mariantonia si rivolgeva con vero spirito di “riparazione eucaristica”. Verso il 1915, le Suore l’aggregarono alla loro Congregazione nella quale emise i voti privati, indossando un velo nero sul capo: da allora, fu per tutti la “Monachella di San Bruno”. Il paese di Sant’Andrea Jonio si prese cura di lei e della sua badante, sovvenendo a tutti i bisogni primari. La nostra beata, a sua volta, condivideva volentieri con gli altri bisognosi del paese quanto le veniva donato. La sua cameretta era diventata un piccolo tempio, dove si recitava il Rosario tre volte al giorno e tutti potevano trovare un consiglio o una parola buona.
Morì il 27 maggio 1953 alle dieci del mattino, guardando il Crocifisso e pronunciando i santi nomi di Gesù e di Maria. La salma, deposta nella bara aperta, fu accompagnata in processione per le vie del paese, in considerazione della sua fama di santità. L’atto di morte, scritto dall’arciprete don Andrea Samà, inizia con queste annotazioni: “Samà Maria Antonia, morta in concetto di santità, […]”. I doni carismatici a lei attribuiti già in vita, sono numerosi: guarigioni, profezia, estasi, introspezione, profumo, bilocazione; le sue virtù umane e cristiane sono rare, preziose ed eroiche: l’umiltà, la semplicità, la modestia, la serenità, la pazienza, la generosità, la fiducia nella Provvidenza, la carità e la disponibilità verso il prossimo. Il suo velo, alla morte, fu tagliuzzato in tanti pezzetti, perché molti richiedevano già una sua reliquia.
Sepolta inizialmente nella cappella delle suore, sulla sua tomba fu scritto: “Visse solo per amore; per 60 anni per amore si purificò; dal cielo addita a tutti la via dell’amore”. La solenne traslazione dei resti mortali della nostra Beata Mariantonia dal Cimitero nella Chiesa parrocchiale “Santi Pietro e Paolo” di Sant’Andrea Jonio avvenne il 3 agosto 2003.

3.         Sequela Christi. Il cammino spirituale di Mariantonia sia per tutti noi l’esempio della sequela Christi. Discepola di Cristo sulla via della croce, accompagnata da Maria, la Mamma celeste, ella non cessò di amare il Signore Gesù e mai lo offese con il peccato. Tutti i testimoni hanno ricordato il suo vivere la disabilità in modo eccezionale con spirito di fede e di fortezza. La sua straordinarietà consistette nel vivere l’ordinario in modo non comune. Dopo avere studiato a fondo la spiritualità della nuova Beata, un teologo ha dichiarato: «Le sue virtù si sono fortificate nella prova: la sua condizione di donna inchiodata in un letto ha sviluppato in lei non soltanto la rassegnazione e l’abbandono nelle mani del Signore, ma la consapevolezza di fare qualcosa per gli altri, dando l’esempio ammirabile di testimoniare il Signore in condizioni di indigenza e di sofferenza».
Mariantonia non si chiuse, insomma, nel suo “io” ferito e diversamente abile, al contrario, mentre  pronunciava il suo “fiat” al Padre che l’aveva chiamata a testimoniare il suo amore nella sua disabilità, si donava quotidianamente a tutti grazie alla propria immolazione ed attenzione alle sofferenze altrui. Ora, invocandone l’intercessione come Beata, possiamo chiedere di ottenere anche noi da Dio il dono del vero discepolato cristiano e dell’accettazione delle sofferenze in unione a quelle del Cristo Crocifisso. Ha testimoniato il maestro Bruno Voci: «La fama di santità della “malata di San Bruno”, sorta spontanea nel nostro paese, è andata diffondendosi ovunque e la pudica miseria del suo abituro è divenuta elemento di ammirazione, quasi cornice a far risaltare quella modesta persona di elevata virtù che c’era dentro. Se poi consideriamo l’afflusso di gente di ogni tipo e gli effetti edificanti che promanavano da quella donna straordinaria, assisa da decenni in quella posizione, nonché le sue parole semplici e pur ricche di insegnamento, dobbiamo concludere che la “malata di San Bruno” fu come antenna ripetitrice di vangelo vivente».

4.         Salus infirmorum, ora pro nobis! La Beata Mariantonia Samà sia da oggi l’emblema dei malati gravi e di chi è allettato inevitabilmente. Dopo la preghiera di liberazione, avvenuta alla Certosa di Serra San Bruno, la vita della giovane Mariantonia cambiò radicalmente in un ininterrotto crescendo nella pratica di tutte le virtù. Benché inferma, fu “occasione di salvezza” per chiunque la conoscesse o la frequentasse. Da quando si riammalò e rimase “inchiodata” a letto per ben 57 anni (1896-1953), la sua malattia si manifestò sotto forma di debolezza fisica generale e di contrazioni muscolari seguite da immobilità. Tuttavia, non soffrì mai, di piaghe da decubito.
Contemplando la croce a poco a poco il suo letto di dolore divenne una specie di pulpito. Era giudicata santa dalla gente che andava a trovarla per ricevere conforto: consigliava, incoraggiava, invitava tutti a vivere di fede, a confidare nella infinita misericordia di Dio. Il redentorista padre Carmine Cesarano, il confessore che le portava l’Ostia consacrata tutti i giorni e poi divenuto Vescovo, il 12 luglio 1904 rilasciò questa testimonianza scritta: «È un fatto meraviglioso. Questa giovinetta di misera condizione che abita un bugigattolo, cioè una casa angusta, senza aria e priva di tutti i mezzi, si mantiene calma, serena tra i dolori dell’infermità e soltanto desidera ricevere Gesù Cristo spesso nella santa Comunione. Ogni volta che vado a riconciliarla assisto a uno spettacolo consolante di tanta conformità alla volontà di Dio».
La sua calma, la sua serenità in quello stato tanto doloroso ed umiliante, causa di penosi disagi a causa dell’immobilità e dell’estrema povertà, desiderosa soltanto di ricevere Gesù nell’Eucaristia e di totale abbandono alla volontà di Dio, sono segni evidenti del suo costante progresso nella pratica di tutte le virtù umane e cristiane, attestano anche un avanzamento confermato dall’ammirazione e dalla commozione (che destava nel suo stesso confessore), dall’immensa stima di cui godeva da parte di chiunque: bambini, suore, sacerdoti, Vescovi, ed infine, della santità che la circondava. A quanti andavano a farle visita cercava di trasmettere l’abbandono alla volontà di Dio, inculcava il culto del Sacro Cuore, la pia pratica dei primi 9 venerdì del mese.

5.         Et imperitos docete (Esd 7,25). L’“analfabeta” Mariantonia, insegnava con la propria esistenza, che era ed è per tutti una ininterrotta lezione di teologia spirituale e di ascesi della sofferenza. Nel libro di Esdra, ordinando al profeta di istruire sia coloro che già conoscono la Legge, sia gli inesperti, si legge: «Et imperitos docete», cioè insegnate agli inesperti. Mariantonia, esercitando la profezia della vita, ha, in particolare, insegnato ad amare, soffrendo con Gesù sulla croce e sempre sostenuta da Maria Vergine. È stata considerata, perciò, come il “parafulmine del paese” grazie alle preghiere offerte, consigli ed il discernimento spirituale.
In questo senso, quanto è davvero insegnante silenziosa tanto oggi quanto per il futuro: ci interpella sul senso della vita come dono, sulla scelta dei valori e sulla forza della Grazia. Nella sua lunga immobilità, mai si lamentò contemplando, invece, il suo bel Gesù, posto di fronte al letto, esclamava: «Sia fatta sempre la Tua volontà». Nella sua condizione di diversamente abile, crocifissa con Gesù e amata da lui, ci apre ai segreti della fede, alla sua bellezza, alla lode del Creatore in ogni circostanza e ci spinge a ripudiare ogni minaccia alla vita, dall’alpha all’omega.
        È icona del mistero pasquale di Gesù. Il suo nutrimento, è l’Eucaristia, pane degli Angeli,  centro della sua giornata mai vuota: è costantemente nelle mani di Dio, riempita di preghiera, di offerte, di sacrificio. È stato dichiarato da un testimone: «La figura esemplare di Mariantonia Samà è per la Chiesa un capitale unico, una credibile proposta di evangelizzazione sul dono della vita e sul mistero della sofferenza, mentre per la società di oggi è un richiamo a vivere le molteplici condizioni di povertà e di dolore all’insegna della vicinanza solidale, strumento straordinario per la costruzione della pace tra i popoli». Mariantonia ha nutrito una grande fiducia nel Padre Creatore e Provvidente, ha creduto e invocato lo Spirito Santo che l’ha guidata secondo la sua sapienza; ha coltivato una tenera devozione alla Madonna e ai santi, specialmente a San Francesco di Paola e a San Bruno di Colonia, la cui reliquia era appesa al muro accanto al suo giaciglio. Le suore e il parroco l’hanno aiutata con la lettura del Vangelo e della vita dei santi. Per suor Agnese Mahimai Mariantonia «era molto fiduciosa nel Signore e offriva a Lui le sue sofferenze».
Speranza e fiducia sono termini simili. Mariantonia ha vissuto in modo sereno la malattia, fino al punto di sorridere e sperimentare la gioia pur nell’acuta sofferenza, consapevole di potersi fidare totalmente di Gesù Signore, dal quale aveva ricevuto la vita, l’affetto della mamma, l’amicizia dei vicini e, soprattutto, il dono della fede. Ha testimoniato la biografa Dora Samà: «La Serva di Dio non ha mai dubitato dell’aiuto misericordioso del Signore Gesù, non si è mai lamentata del suo stato di immobilità, povertà e dipendenza dagli altri. Sin dall’inizio dell’infermità si è rifugiata nel Cuore amabilissimo di Gesù, per trovare sollievo e forza nelle dolorose prove del suo lungo calvario».

6.          Signa et mirabilia, quae fecit apud me Deus excelsus, placuit mihi praedicare (Dan 3,99 vulg.). Mi piace predicare i segni e le cose meravigliose che il Dio eccelso ha compiuto su di me. Così canta l’oracolo del profeta Daniele. Per intercessione della Venerabile Mariantonia Samà, è avvenuto un miracolo, che la Chiesa ha riconosciuto e tutti dobbiamo conoscere. Riguarda la guarigione istantanea, perfetta, completa e duratura delle ginocchia artrosici di Maria Antonia Codispoti, dal 13 dicembre 2004 fino alla morte, avvenuta il 24 aprile 2016. La signora Codispoti era nata a Sant’Andrea Apostolo sullo Ionio, paese della Venerabile, ma risiedeva a Genova con il fratello Vincenzo. La sua patologia nella sua forma acuta risaliva al 2002. Accusava “dolori insopportabili” (sue parole). Il medico curante ha riconosciuto che la signora “da anni era affetta da grave malattia degenerativa alle articolazioni delle ginocchia”. Le risonanze magnetiche attestavano la presenza di una “patologia osteoarticolare ben evidente” alle ginocchia, con referto: “Gonartrosi tricompartimentale e segni di condropatia”. Per il medico curante la risposta risolutiva al caso clinico della grave malattia degenerativa della signora Codispoti era quella chirurgica. Ma la paziente non ne voleva sapere, giacché doveva curare il fratello, colpito da ischemia cerebrale, ed allettato. Accettava solo la terapia antidolorifica a base di Paracetamolo e Codeina (dosi massime). Scrive: «Mi rassegnai a vivere in quello stato di atroce sofferenza, continuando a ricorrere con maggiore frequenza, ad antidolorifici sempre più forti».
La sera del 12 dicembre 2004 era “sofferente più del solito”, al punto di non alzarsi neppure per attivare l’ossigeno al fratello ansimante. In questa circostanza estrema, invocò Dio attraverso l’intercessione di Mariantonia. «Al risveglio - ella racconta - iniziai a muovere le gambe con molta cautela, come facevo sempre per evitare i soliti dolori lancinanti, ma capii subito che quella mattina del 13 Dicembre era diversa, perché riuscii a scendere dal letto senza alcun male e, addirittura, mi ritrovai in piedi, alta e dritta, vedendo così nello specchio un’immagine diversa da quella degli ultimi mesi». Da quel giorno la signora riacquistò autonomia e indipendenza per uscire di casa, senza avvertire più alcun dolore, facendo senz’alcuna difficoltà le scale (abitando al terzo piano). Da quel giorno il medico curante, non prescrisse più alcuna terapia antidolorifica.
La “miracolata” era divenuta completamente autonoma nelle attività domestiche, camminava liberamente ed ha potuto assistere il fratello Vincenzo novantenne. Nel 2013, a 89 anni, la signora è entrata in una casa di cura, dove, pur non avendo più dolore alle ginocchia, ha iniziato a camminare per prudenza con l’aiuto del girello fino al giorno della morte, dovuta ad un ictus.
La malattia artrosica è una affezione degenerativa che tende a progredire e non certo a regredire. Appare difficilmente spiegabile sia la scomparsa improvvisa e totale dei dolori accusati per vari anni, sia la scomparsa dell’impotenza funzionale che accompagnava la sintomatologia dolorosa. Ciò che meraviglia, è l’assenza totale (non parziale) del dolore alle ginocchia, dal fatidico 13 dicembre 2004 fino alla morte (2016), cioè, per ben 12 anni, benché le ginocchia fossero affette da grave gonoartrosi.

7.         Mariantonia, ora pro nobis! La figura di Mariantonia Samà oggi viene proposta al popolo di Dio quale esempio della possibilità di vivere in pienezza la fede cristiana, da parte di chiunque, anche di chi si trovi in circostanze o condizioni di malattia e grave infermità.
Il suo messaggio di vivere l’amore nella sofferenza è molto attuale nel nostro clima culturale, nel quale si registra una tensione contraria, dove la competizione favorisce i “normali” ed emargina i diversi. L’abbandono fiducioso nelle mani di Dio, il suo fiat le ha permesso di avere da parte di Dio la grazia di vivere tutto come un dono e diventare lei stessa donazione per gli altri. In lei si può ammirare una di quelle meraviglie della grazia, che lo Spirito continua ad operare nei piccoli che si aprono senza riserve alla sua azione (cf. Lc 1,48-49; 10,21-22).
La sua fama di santità, confermata da un miracolo, oggi è molto diffusa, a partire dalla comunità di Sant’Andrea Jonio. Sia la tomba sia il tugurio dove visse la sua esistenza di fede, (oggi restaurato), sono e saranno meta di fedeli che con devozione li visitano, trovando motivazioni per compiere un percorso di fede e di conversione e invocando grazie da Dio attraverso la sua intercessione. Insomma Mariantonia è un dono di Grazia, suscitato dallo Spirito Santo nella nostra Chiesa particolare, che oggi viene additato come esempio a tutta la Chiesa. Mariantonia Samà, prega e intercedi per noi presso il trono dell’Altissimo!


Appendice 1
Prospetto cronologico della vita della Beata Mariantonia Samà

1875, 2 marzo: Mariantonia nasce a Sant’Andrea Jonio da Marianna Vivino e da Bruno, morto pochi giorni dopo averla concepita: il 20 giugno 1874.
3 marzo: Battesimo nella Chiesa parrocchiale.
1882: verso i sette anni riceve la prima Comunione e la Cresima.
1886: a 11 anni beve in un acquitrino acqua infetta. Da lì iniziano i disturbi neurovegetativi che fanno pensare addirittura che sia preda di un’ossessione diabolica.
1894, giugno: dopo anni di “orribili strazi” che la obbligano a letto contratta, avviene la preghiera (di esorcismo) a Serra San Bruno e la Serva di Dio è liberata dalla presunta ossessione diabolica. Sta benino per circa due anni. Poi ricade nella condizione di grave disabilità.
1896: È di nuovo costretta a letto e vi resterà per tutta la vita.
1915: Si consacra con voti privati e diventa “la Monachella di San Bruno”.
1920, 24 febbraio: muore la madre. Sono quattro le compaesane che si alternano al suo capezzale. Le suore Riparatrici del Sacro Cuore si prendono cura della sua persona e della sua formazione spirituale.
1953, 27 maggio: alle ore 10 avviene il pio transito della Serva di Dio. Le esequie sono un’apoteosi di popolo. La salma viene portata in processione per le principali vie del paese.
29 Maggio: avviene la tumulazione.
1993-1995: si celebra il Sinodo diocesano, per volontà di Mons. Antonio Cantisani.
1996, giugno: viene dato alle stampe il libro Santi tra noi con il profilo della Serva di Dio, scritto da Don Gerardo Mongiardo.
2002, 2 ottobre: mons. Cantisani autorizza la traslazione dei resti mortali della Serva di Dio dal cimitero in un nuovo sepolcro nella Chiesa parrocchiale “Santi Pietro e Paolo”.
2003, maggio: il parroco di sant’Andrea, don Francesco Palaia, pubblica il volumetto di don Gerardo Mongiardo “Mariantonia Samà la monachella di San Bruno (1875-1953) 60 anni di Amore-crocifisso”.
2003, 3 agosto: avviene la traslazione dei resti mortali della Serva di Dio dal Cimitero alla chiesa parrocchiale. Presiede mons. Cantisani.
2006, luglio: l’insegnante Dora Samà pubblica la biografia “Una vita nascosta in Cristo la Monachella di San Bruno”.
2007, 9 febbraio: inizia la Causa di beatificazione. L’Arcivescovo mons. Ciliberti costituisce il Tribunale e la Commissione storica. L’Attore è il parroco di Sant’Andrea Jonio.
2011, 20 ottobre: il neo Arcivescovo, mons. Vincenzo Bertolone, costituisce un nuovo Tribunale per completare l’iter ed arricchire la Causa di altre testimonianze.
2012, 31 gennaio: il nuovo Tribunale conclude i lavori dell’Inchiesta suppletiva.
2012, 9 giugno: la Congregazione emette il decreto di validità sulle due Inchieste diocesane.
2017, 18 dicembre: Papa Francesco riconosce le virtù eroiche. Mariantonia è proclamata Venerabile.
2020, 7 luglio: il Collegio dei Cardinali e Vescovi consultori esprime il voto favorevole sul miracolo ottenuto per intercessione di Mariantonia Samà.
2020, 10 luglio: Papa Francesco autorizza la Congregazione a promulgare il Decreto riguardante il miracolo, che porta la Venerabile alla Beatificazione.
2021, 3 ottobre: Il Cardinale Marcello Semeraro legge il Decreto di Beatificazione di Mariantonia Samà nella Basilica dell'Immacolata in Catanzaro



Appendice 2

Preghiamo.
Padre misericordioso,
non cesseremo mai di ringraziarti
per aver donato a queste terre del Sud
la dolce ed umile creatura Mariantonia Samà
che a te si consacrò
donandoti il suo cuore e la sua sofferenza.
Giacque immota in un letto
per quasi sessant’anni
senza un lamento, una lacrima,
un moto di sconforto.
Ella trovò nella preghiera
e nell’Eucaristia la forza
per sorridere agli altri
che venivano a lei per essere ascoltati e consolati.
Pregando Te e la Beata Vergine, Salute dei malati,
divise il pane che le veniva donato
con i tanti indigenti
del contado.
Così visse.
Morì fissando dal giaciglio
il quadro del “suo Bel Gesù”.
Volle offrire il suo lungo e ininterrotto dolore
per riparar le offese al Sacro Cuore
e rendere più santi i ministri ordinati.
O Padre, concedici oggi la grazia che imploriamo per sua intercessione…

Proclamata Beata dalla Chiesa, concedici la gioia
di saperla glorificata come santa
in cielo e sulla terra.
Amen.

[Tre Pater, Ave, Gloria]