La beatificazione di Mariantonia e Nuccia Tolomeo - Basilica dell'Immacolata di Catanzaro, 3.10.2021

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domenica 28 gennaio 2018

20. Proclamazione del Decreto di Venerabilità - 28 gennaio 2018

Un ricordo memorabile: Domenica, 28 gennaio 2018, ore 17,30, Catanzaro, Basilica dell'Immacolata: Inizio della visita pastorale nelle parrocchie della Diocesi e proclamazione del Decreto di venerabiltà della Serva di Dio Mariantonia Samà di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio (Catanzaro). E' la prima venerabile in assoluto della Diocesi, dopo 20 secoli di cristianesimo. Un pensiero grato a Don Edoardo Varano, recentemente ritornato a Dio, che tanto si è impegnato per tale esimio riconoscimento da parte della Chiesa.




CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

CATACENSIS – SQUILLACENSIS

BEATIFICATIONIS et CANONIZATIONIS
Servae Dei
MARIAE ANTONIAE SAMÁ
Christifidelis laicae
(1875-1953)

DECRETO SULLE VIRTÙ


«Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11, 25).

La Serva di Dio Mariantonia Samá, gravemente inferma e costretta a letto per oltre sessant’anni, visse con grande soavità e serenità la condizione di quei piccoli e semplici, ai quali è rivelato il Mistero dell’Amore-Crocifisso di Dio. Patendo con Cristo, sostenuta dalla grazia di Dio, impresse un chiaro orientamento di fede e di speranza alla propria esistenza sofferente, trasformando la sua umile casetta in un centro di solidarietà, di preghiera e di carità, un luogo di autentica evangelizzazione.
La Serva di Dio nacque a Sant’Andrea Jonio (Catanzaro) il 2 marzo 1875 da Bruno e da Marianna Vivino e venne battezzata il giorno seguente. Probabilmente nel 1882 fu ammessa alla prima Comunione e ricevette la Cresima. La fanciulla, sana fisicamente e psicologicamente, giocava e correva con gli altri coetanei e, docile e ubbidiente alla madre - rimasta vedova pochi giorni dopo averla concepita - lavorava con lei per il proprio sostentamento.
Nel 1886, ritornando dalla campagna, dopo aver bevuto da un acquitrino probabilmente infetto, accusò dolori e disturbi che, non essendo stati diagnosticati, fecero pensare a un’ossessione, anche perché ella appariva inquieta e ribelle. Questo stato durò circa sei anni.
Una nobildonna, andando generosamente incontro alla povertà della fanciulla e della madre, cercò una via di liberazione e nel giugno del 1894 fece condurre a spalla la ragazza presso la Certosa di Serra San Bruno per un esorcismo. Qui il parroco iniziò le preghiere di liberazione, continuate poi per oltre cinque ore dal Priore della Certosa con tutta la comunità, davanti al busto-reliquiario di San Bruno. Mariantonia si sentì finalmente guarita e abbracciò il busto del Santo come se fosse lì presente fisicamente.
Per circa due anni la sua salute fu buona, ma nel 1896 la Serva di Dio fu di nuovo costretta a letto, in posizione supina, con le ginocchia alzate. Iniziò così il suo calvario di ammalata allettata, che la affliggerà fino alla morte. Fu assistita prima dalla madre, poi da altre persone, oltreché, spiritualmente, dal parroco, dai Padri Redentoristi e dalle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, che le assicurarono, dopo la morte della mamma, la costante presenza di una donna del tutto dedita a lei.
Verso il 1915 la Serva di Dio pronunciò privatamente i voti religiosi nelle mani della Superiora delle Suore Riparatrici, con la benedizione del parroco. Da quel momento portò sempre sul capo, fino alla morte, un velo nero e per questo fu da tutti chiamata la Monachella di San Bruno. Divenne sempre più testimonianza spirituale e di consiglio prudente per gli abitanti del paese: stimolo di offerta e di preghiera, di conversione e di solidarietà. In questa sofferenza, fisica e spirituale, il Padre celeste, con la sua maniera di insegnare e grazie ai doni dello Spirito Santo, la condusse alla piena conformazione con Gesù Crocifisso.
Iniziò a diffondersi la fama della sua santità tra la gente, toccata dal modo esemplare con cui Mariantonia si conformava alla volontà di Dio, dalla sua preghiera costante, dalla sua disponibilità all’immolazione, dalla sua serenità e dal suo sorriso, nonché dalla sua capacità di accoglienza, di consolazione e di consiglio per chiunque venisse da lei.
Gli abitanti di Sant’Andrea, dopo la morte della madre avvenuta il 24 febbraio 1920, le portavano i viveri necessari, che ella condivideva con i bisognosi. Portò così la sua croce con fede, speranza e serenità, condividendo con gli altri tutto quanto aveva. Con semplicità ed efficacia divenne per tutti un modello di vita cristiana, con la diffusione del messaggio evangelico, della preghiera soprattutto mariana, la pratica della comunione quotidiana, l’annuncio della necessità di essere uniti a Cristo, come il tralcio alla vite, per portare frutto. Crocifissa col Crocifisso e aperta alle richieste e bisogni del prossimo, contribuì a edificare la Chiesa e la società umana, segnata da due guerre mondiali, con la sua testimonianza orante e silenziosa, la sua costante immolazione, la sua fiducia nella Provvidenza ed il suo abbandono a Dio.
 Morì il 27 maggio 1953, guardando il Crocifisso appeso alla parete di fronte al letto, pronunciando il santo nome di Gesù e di Maria.
Perdurando la fama di santità, il 5 agosto 2007 fu avviata l’Inchiesta diocesana nella Curia Vescovile di Catanzaro, che si concluse il 2 marzo 2009. Alla richiesta di questa Congregazione delle Cause dei Santi di produrre un’ulteriore documentazione sulla fama di santità, dal 20 ottobre 2011 al 31 gennaio 2012 ha avuto luogo un’Inchiesta diocesana suppletiva. Con decreto del 9 giugno 2012, la Congregazione ha riconosciuto la loro validità. Preparata la Positio, si è discusso, secondo la consueta procedura, se la Serva di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Il 21 giugno 2016 ha avuto luogo, con esito positivo, il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 5 dicembre 2017, presieduta da me Card. Angelo Amato, hanno riconosciuto che la Serva di Dio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali e annesse.
Fatta una accurata relazione di tutte queste cose al Sommo Pontefice Francesco dal sottoscritto Cardinale Prefetto, Sua Santità, accogliendo i voti della Congregazione per le Cause dei Santi, ratificandoli, oggi ha dichiarato: esistono le prove (dell’esercizio) delle virtù teologali della Fede, della Speranza e della Carità, sia verso Dio e sia vero il prossimo, così come delle virtù cardinali della prudenza, della giustizia, della temperanza e della fortezza, e delle virtù ad esse annesse, in grado eroico della Serva di Dio Mariaantonia Samà, Il Sommo Pontefice ha ordinato che questo Decreto sia reso di pubblico diritto e sia riportato negli Atti della Congregazione per le cause dei Santi, in casu et ad effectum de quo agitur.

Roma, 18 dicembre 2017.

                                                       Angelo Card. Amato, S.D.B.
                                   Prefetto

X Marcello Bartolucci
Arcivescovo tit. di Bevagna
Segretario
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GALLERIA DI FOTO
 










lunedì 5 agosto 2013

18. LA “CONSOLAZIONE” DI SANT'ANDREA JONIO

Mariantonia Samà nacque il 2 marzo 1875 in Sant'Andrea Ionio, piccolo paese in provincia di Catanzaro e visse in condizioni di estrema povertà, in una cameretta simile ad una cella.
All'età di dodici anni, seguendo la madre in campagna, fu invasa dallo spirito "maligno", dopo aver bevuto dell'acqua corrente tra i sassi.
Viste le inutili benedizioni impartitele anche dai frati del convento del vicino comune di Badolato, si ricorse all'esorcismo presso la Certosa di Serra San Bruno (ora in provincia di Vibo Valentia).
Dopo alcuni tentativi del Padre certosino, Mariantonia fu liberata dal "maligno", ma si narra che lo stesso pronunciò la frase: "La lascio viva, ma storpia".
Trascorsi un paio di anni, Mariantonia -- non si sa se per "vendetta" di Satana... -- rimase immobile a letto, fino alla morte e, quindi, per oltre sessant'anni, in posizione supina, con le ginocchia sempre alzate e contratte.
Iniziò per lei un lungo e doloroso calvario che sopportò con la forza dell'amore, con lo sguardo sempre rivolto al Crocifisso appeso alla parete di fronte al letto.
Guidata dallo Spirito Santo nella comprensione del "mistero della Croce", considerò, quindi, un dono la sua malattia, accettando con serena rassegnazione la definitiva immobilità, che offriva a Dio per la conversione dei peccatori, in riparazione delle loro offese e per ottenere risposta alle richieste di coloro che cercavano conforto presso di lei.
Il Crocefisso
Il suo piccolo letto divenne un altare di offerta e di partecipazione alla Passione ed alla Croce di Gesù: "non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Paolo - Gal.2,20).
Fu sempre assistita da volontarie, sotto il costante controllo delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, che curarono anche la sua preparazione spirituale, trasmettendole una sentita devozione verso lo Spirito Santo ed il Sacro Cuore di Gesù, al quale Mariantonia si rivolse per tutta la vita con spirito di "riparazione eucaristica".
Le Suore decisero di aggregarla alla loro Congregazione e, dopo i voti, Mariantonia divenne per tutti la "Monachella di San Bruno".
Le virtù che hanno caratterizzato la sua vita sono numerose:
la semplicità d'animo; l'umiltà; la modestia; la serenità, che traspariva dal suo volto anche nei momenti di maggior sofferenza; la disponibilità; la generosità ed un'immensa fiducia nella Divina Provvidenza.
Lei, che poteva vivere solo di offerte, divideva con gli altri bisognosi del paese tutto quanto riceveva, sicura che il giorno successivo vi avrebbe comunque provveduto il buon Dio e dimostrando, così, la verità delle parole di San Paolo: "Si è più felici nel dare che nel ricevere" (At. 20,35).
La virtù esercitata da Mariantonia in maniera estremamente eroica è stata senz'altro la pazienza che le impedì non solo di ribellarsi alla sua infermità, ma anche di lamentarsi quando i dolori lancinanti, specie durante la Quaresima, da lei sempre sofferta in condivisione con Cristo, martoriavano il suo esile corpo.
Viceversa, il suo spirito era forte, perché lo alimentava quotidianamente con la preghiera e con l'ostia che le portava puntualmente il suo confessore e dalla quale attingeva sostegno per sopportare la sofferenza, per lottare contro il male e per vivere in perenne amicizia con il Signore.
La sua cameretta, con le pareti tappezzate da molte immagini sacre, sembrava un piccolo "tempio", soprattutto quando, per ben tre volte al giorno, vi era la recita comunitaria del Santo Rosario, essendo Mariantonia "calamita" di preghiere.
Già durante la vita, la sua fama di santità si era diffusa tra gli abitanti del paese, molti dei quali avevano sperimentato i suoi doni della profezia e della guarigione.
Ma oltre a questi, tanti altri sono stati i carismi concessi a lei dallo Spirito Santo: il dono dell'estasi; dell'introspezione; della bilocazione; dell'apparizione; del profumo, sempre presente nella sua camera; della condivisione delle sofferenze di Gesù durante la Quaresima e la Passione e, infine, il dono dell'immunità da piaghe da decubito, anche questo scientificamente inspiegabile, benché fenomeno oggettivo e visibile a tutti.
Mariantonia esalò l'ultimo respiro la mattina del 27 maggio 1953.
Le esequie si svolsero nel pomeriggio dello stesso giorno e l'Arciprete, don Andrea Samà, in considerazione della fama di santità, ordinò che la salma, deposta nella bara aperta, per consentire l'ultimo saluto dei compaesani, venisse accompagnata in processione per alcune vie del paese, prima di raggiungere il Cimitero.
Qui rimase esposta ai fedeli fino al mattino del 29 maggio e molti attestano di aver visto, nel baciarla, che le sue palpebre si alzavano ed abbassavano e di aver sentito un delizioso profumo di rose, non proveniente da fiori...
Attualmente, i sacri resti della Serva di Dio Mariantonia Samà, assieme alla sua inseparabile corona del Rosario, si trovano nella Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, dove sono stati traslati il 3 agosto 2003.
Il 5 agosto 2007 è stato aperto il processo di beatificazione e canonizzazione presso l’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace.

sabato 18 maggio 2013

9. TESTIMONIANZA DI UN MEDICO


Parere medico sull'infermita' di  Mariantonia Samà
di Dott. Giuseppe Stillo
 Medico chirurgo, Medico di medicina generale,Specialista in Medicina del lavoro

E' estremamente difficile formulare una diagnosi di malattia a posteriori a distanza di tanti anni, anche perché nel caso in questione i dati clinici ed anamnestici sono carenti sia perché l'ammalata non si è mai fatta visitare da medici, sia perché non è stato possibile raccogliere una storia clinica adeguata. Sulla base dei sintomi descritti da chi l'ha conosciuta, tenendo anche in considerazione i lunghi anni trascorsi immobilizzata a letto durante i quali, secondo il racconto di chi andava a trovarla, l'ammalata muoveva solo l'arto superiore destro in un atteggiamento spastico, si può pensare che la stessa fosse affetta da paralisi spastica tipo Malattia di Charcot Marie Tooth.
Tale malattia è una neuropatia sensitivo motoria, simmetrica e progressiva, caratterizzata da atrofia e debolezza muscolare soprattutto a carico degli arti inferiori. Si manifesta in età giovanile (di solito prima dei 20 anni) con dolori e crampi muscolari. Infatti, secondo le testimonianze, Mariantonia Samà, all'inizio riferiva dolori agli arti inferiori ed i familiari, pensando ad una forma reumatica o artrosica, la portarono al mare per fare delle sabbiature senza alcun beneficio. In seguito si ha una spasticità progressiva degli arti inferiori tale da costringere 1'ammalata a stare a letto come è accaduto per Mariantonia. Tale malattia non abbrevia la durata della vita ma provoca immobilizzazione a letto con dolori continui (infatti quando l'ammalata veniva cambiata i dolori aumentavano al punto che lei se ne lamentava). La posizione di malata immobilizzata a letto in atteggiamento paralitico di tipo spastico, determina, dopo poco tempo, la formazione di piaghe da decubito con ulcere necrotiche che, ove non trattate, sono maleodoranti. Nel caso in questione tutte le testimonianze riferiscono che il fenomeno delle piaghe non si è mai verificato né è stato preso, all'epoca, alcun provvedimento per prevenirle. Dal punto medico scientifico, non trova spiegazione il fatto che un'ammalata, costretta per 60 anni immobilizzata a letto, non abbia avuto mai piaghe da decubito.
S. Andrea Jonio, 15 Aprile 2011               In fede                  Dott. Giuseppe Stillo

8. RICORDO di MARIANTONIA



 di Don Alberto Vitale

Sono Parroco a S. Andrea Marina (CZ) dal 15/01/1984 e ho ancora vivo nella mia mente il ricordo, come testimone oculare, delle esequie della Serva di Dio Mariantonia Samà, detta anche "Monachella di San Bruno", avvenuti il 29 Maggio 1953. Una fiumana di popolo riempiva tutte le strade del paese; la salma di Mariantonia Samà posta in una bara scoperta, veniva portata in processione per le principali vie ed io insieme ad altri bambini, per poterla vedere, tanta era la calca e la folla, siamo saliti sul muretto, come Zaccheo che salì su un sicomoro per vedere Gesù.
Vi parteciparono tutte le associazioni di Azione Cattolica (allora fiorenti in paese), le Associazioni "Figlie di Maria", delle "Madri Cristiane", delle Suore Riparatrici e tutto il popolo. Per due giorni la bara scoperta rimase nella cappella delle Suore Riparatrici, del Cimitero di S. Andrea, dove un flusso continuo di gente andava e veniva, per venerarla, pregarla e tagliuzzava pezzi del suo vestito per tenerli come reliquia, perché dicevano morta la Monachella... è morta una santa! Lei preghi per noi!"
Mariantonia Samà fu considerata santa non solo dopo la sua morte, ma anche durante la sua vita terrena. Molti sono i presunti interventi miracolosi attribuiti alla sua intercessione.
Quando Mariantonia a 34 anni rimase orfana di madre, si occuparono di lei le Suore Riparatrici del Sacro Cuore, residenti in paese, facendola seguire da un sacerdote (Don Bruno Cosentino) che le portava ogni mattina la Comunione, mentre le suore le facevano ascoltare il Vangelo o la vita di qualche santo e l'aiutavano a completare la sua formazione cristiana.
Dopo aver preso atto della sua preparazione e del suo desiderio, le suore decisero di aggregarla alla loro Congregazione mediante i voti privati e la consegna del velo nero, che Mariantonia usava anche di notte. Da quel momento fu chiamata la "Monachella di San Bruno". La sua fama di santità si era diffusa da tempo nella popolazione, perché donna di preghiera, di penitenza e, soprattutto, per i suoi consigli per i vari problemi personali e familiari e per il dono della chiaroveggenza delle situazioni dei propri figli o mariti lontani per la guerra. Ogni persona angosciata sentiva il bisogno di confidarsi con la Monachella, la quale trovava sempre parole adatte per confortare, per infondere sempre fiducia e abbandono alla volontà di Dio. Il 3 agosto 2003, nel 50° della sua morte, i resti mortali, composti in un'urna, sono stati traslati dal Cimitero alla Chiesa Matrice di S. Andrea e collocati nel lato destro della stessa Chiesa. In quell'occasione fu celebrata in piazza la S. Messa presieduta da S.E. Mons. Antonio Cantisani con molti Sacerdoti concelebranti tra cui io sottoscritto alla presenza di una folla di fedeli.
S. Andrea Jonio, 20 Aprile 2011
                                Sac. Alberto Vitale Parroco