La figura e la
fama di santità della serva di Dio Mariantonia Samà
di Vicaria Zonale di Soverato (Catanzaro)
L'unica immaggine della Serva di Dio viva |
Noi sacerdoti sottoscritti, chiamati a servire la chiesa
di Gesù Cristo nella zona pastorale di Soverato, nella riunione di Vicaria del
17 gennaio 2012 tenutasi a Soverato abbiamo riflettuto sulla figura e la fama
di santità della Serva di Dio Mariantonia Samà, conosciuta anche come
"Monachella di san Bruno".
Abbiamo appreso dalle testimonianze di persone, da noi
ritenute credibili e serie, che la Serva di Dio Mariantonia Samà, di cui il
2007 è iniziata la causa di beatificazione, conclusa il 2 marzo 2009, è stata
una persona sofferente che ha vissuto per 60 anni immobile a letto in unione
con Gesù Crocifisso. Ha accettato la sua disabilità con spirito di fede e di
fortezza, aderendo alla volontà di Dio e facendo del bene a tante persone che
ricorrevano a lei per consigli e preghiere. Ha attinto la forza necessaria
dalla santa Eucaristia, di cui si cibava ogni giorno. E, sostenuta dalle suore
riparatrici, presenti in paese, ella visse la sua sofferenza in spirito di
riparazione, guardando continuamente il
Crocifisso che era appeso di fronte al suo lettino.
Il parroco della Serva di Dio, l'Arciprete don
Andrea Samà, che ha celebrato e guidato le esequie, in considerazione della sua fama di santità, ordinò che la salma, deposta nella bara aperta, per
consentire l'ultimo saluto dei compaesani, venisse accompagnata in processione
per alcune vie del paese, prima di raggiungere il Cimitero. Per ben tre giorni la salma fu esposta alla
venerazione degli innumerevoli fedeli, giunti anche dai paesi vicini. In quella
circostanza la fama di santità si manifestò anche nel desiderio di ogni devoto
di avere un pezzetto di velo o di vestito della "Santa" da custodire
gelosamente come "reliquia". Scrisse don Andrea Samà ai margini del
Registro di morte dell'anno 1953 (atto n.26): "Gente di qualsiasi razza
e credenza si prostrava, le baciava la mano, offriva un fiore e altro ritirava,
finché l'Arciprete è stato costretto a levarle la fascia di figlia di Maria ed
il velo, perché fossero divisi come ricordo".
La sua fama di santità oggi è molto percepita soprattutto
nella comunità di Sant'Andrea Jonio, dove visse in condizioni di
estrema povertà in un tugurio di appena 12,6 mq. composto da un unico vano,
privo dei servizi di acqua e di luce, sito in un vicolo angusto.
La sua biografa Dora Samà, testimone de visu, ha affermato
in un suo articolo: "Per la sua fama di santità diffusa
da tempo tra la popolazione, ogni persona angosciata sentiva il bisogno di
confidarsi con la “Monachella” che trovava sempre le parole adatte per
confortare, per infondere serenità, fiducia e rassegnazione alla volontà di
Dio". "La sua cameretta, con le pareti tappezzate da molte
immagini sacre, sembrava un piccolo tempio,
soprattutto quando, per ben tre volte
al giorno, vi era la recita comunitaria
del Santo Rosario, essendo Mariantonia calamita
di preghiere". "Il suo letto
di dolore divenne una cattedra di preghiera e di conforto a quanti andavano a manifestare le loro pene e sventure". "Dal suo letto di dolore Mariantonia aiutava il
prossimo con la preghiera, lo consolava nelle tribolazioni, lo sosteneva con i
suoi saggi consigli, trasmetteva la sua profonda devozione verso il Sacro Cuore
di Gesù e della Vergine Santa".
Questo dire della biografa è confermato da tante altre
testimonianze, tra le quali spicca quella del nostro carissimo confratello sacerdote, Mons. Edoardo Varano,
testimone de visu, che ha affermato della Serva di Dio: "Stare immobile a letto per 60 anni, senza potersi
rivoltare d'un centimetro, tenendo in alto le ginocchia e ferme le braccia sul
petto, ha dell'impossibile. Eppure, nessun lamento, nessun rifiuto, nessuna
parola di stanchezza. La forza e la gioia di soffrire l'attingeva da Gesù
Crocifisso appeso sulla parete di fronte, su cui erano costantemente fissi i
suoi occhi. La gente aveva ben capito che in quella fragile carne dimorava il Divino e per questo accorrevano a lei
anche sacerdoti, religiosi e finanche vescovi".
Attualmente, i sacri resti della
Serva di Dio Mariantonia Samà, assieme alla sua inseparabile corona del rosario,
si trovano nella Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo
di sant'Andrea Jonio, dove sono stati
traslati il 3 agosto 2003. Molti di noi abbiamo partecipato all'evento e
concelebrato con l'Arcivescovo Mons. Antonio Cantisani su un palco nella
pubblica piazza, poiché la chiesa, benché grande, non era sufficiente a
contenere tutti i fedeli. Sulla sua tomba
sono state scritte le parole: "Visse
per amore; per amore soffrì, e a tutti dal
cielo addita la via dell'amore". Sia la tomba che il tugurio dove visse la
sua esistenza di fede la Serva di Dio, oggi restaurato, sono meta di fedeli che
con devozione visitano questi luoghi, trovano motivazioni per fare un percorso
di fede e di conversione e invocano grazie da Dio attraverso la sua
intercessione. Cinque quadernoni raccolgono pensieri di invocazioni e di
grazie.
In conclusione, noi sacerdoti
della vicaria di Soverato, nel cui territorio è collocata la comunità della
Serva di Dio,
- consideriamo i fatti e le
testimonianze che abbiamo esposto rispondenti a verità;
- riteniamo che Mariantonia Samà
sia stata un dono di grazia per Sant'Andrea Jonio, che dopo 58 anni dalla morte
ancora ricorda con viva commozione la sua beata;
- auspichiamo che la comunità
zonale e diocesana, che gradualmente sta conoscendo e apprezzando la
testimonianza di fede di Mariantonia, possa trovare nella sua glorificazione
uno stimolo per un rinnovamento morale e spirituale, oggi necessario e
prioritario;
- siamo certi che Mariantonia Samà scuoterà molte coscienze e
la chiesa, per la sua esemplare testimonianza, potrà essere più facilmente
riconosciuta credibile nel suo annuncio di salvezza;
A gloria di Dio.
In fede
Soverato, 17 gennaio 2012
Nessun commento:
Posta un commento