La beatificazione di Mariantonia e Nuccia Tolomeo - Basilica dell'Immacolata di Catanzaro, 3.10.2021

sabato 18 maggio 2013

7. SI CONFORMO' A CRISTO CROCIFISSO PER IL BENE DELLE ANIME

"Sul letto del dolore si conformò a Cristo crocifisso per il  bene delle anime"[1]

di Don Vincenzo Manzione

L'Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Mons. Antonio Ciliberti, durante la visita pastorale a S. Andrea Ionio (Cz), ha ufficialmente aperto l'inchiesta diocesana per la canonizza­zione di Mariantonia Samà, detta comunemente la "mona­chella di S. Bruno".
Il 6 gennaio 2007, l'Arcivescovo aveva nominato postulatore della causa, don Vincenzo Manzione del Clero della Diocesi di Teggiano-Policastro. Il 9 febbraio, Mons. Ciliberti aveva provveduto alla costituzione del Tribunale, nominando il canonico Edoardo Varano, Giudice delegato; don Vincenzo Zoccali, promotore di Giustizia; Rita Domimijanni, notaio titolare e Daniela Martin, notaio sostituto. Della Commissione storica fanno parte: don Leonardo Calabretta e don Gregorio Montillo.
Mariantonia Samà, detta anche la monachella di San Bruno, nacque a S. Andrea Ionio, provincia di Catanzaro, il  2 marzo 1875, da una famiglia molto povera.
Il padre, Bruno, morì prima che lei nascesse. Fu, quindi, la madre, Marianna Vivino, a doversi interessare della crescita e del mantenimento della piccola Mariantonia.
All'età di 13-15 anni circa, la ragazza fu colpita da una grave forma di artrite deformante ed osteoporosi che la inchiodò per tutta la vita a letto, immobile, in posizione supi­na, con le ginocchia alzate e contratte per oltre 60 anni.
Abitava con la madre in un'umile, angusta e buia casetta, rassomigliante piuttosto ad un tugurio, in un vicolo strettissi­mo del paese, dove il  sole non faceva mai capolino.
Il buio, il  freddo, l'estrema povertà dell'ambiente, insieme alle precarie condizioni economiche della famiglia, resero più  atroce la sofferenza fisica di Mariantonia e quella morale della madre; ma entrambi ebbero la forza e il  coraggio della fede e della speranza nell'aiuto della divina Provvidenza.
Mariantonia abbracciò con grande serenità dell'anima, direi con vera gioia del cuore, la sua penosa malattia, confor­tata soltanto dal suo ardente amore al Crocifisso che vedeva, contemplava ed adorava appeso alla parete di fronte al suo misero giaciglio.
Col lento trascorrere delle ore, dei giorni e degli anni, rea­lizzò una piena assimilazione a Lui, divenendo cosi copia perfetta di Gesù Crocifisso.
Su quel letto di dolore, sul quale fu inchiodata come su di una croce per tutta la vita, diventato altare, calvario e catte­dra, Mariantonia poté essere sacerdotessa, vittima e maestra di vita e di virtù eroicamente vissute e, perciò, esempio e sprone per tutti alla santità. Fu cosi perfetta la sua conformazione al Crocefisso Signore da poter dire di con l'Apostolo Paolo: "Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio... Sono stata crocifissa con Cristo, non sono più  io che vivo, ma è Cristo, che vive in me" (Gal. 2, 20 ss.).
La sua vita nascosta in Cristo crocifisso si nutrì costantemente dell'Eucaristia, che riceveva quotidianamente e che, durante le lunghe ore di ringraziamento, adorava in unione mistica di amore sponsale.
Mariantonia, pur essendo sprovvista di cultura umana, custodiva accuratamente nella sua anima illibata i doni infusi dallo Spirito Santo: Intelletto, Scienza e Sapienza, che le resero facile e agevole il  volo verso le più  alte manifesta­zioni dello Spirito, divenendo vera "luce sul monte" per illu­minare, elevare ed orientare alla santificazione i numerosissi­mi fedeli che andavano a farle visita per ascoltarla, ammirar­la, chiederle consigli ed aiuti spirituali.
Era tanto vera e sincera la fede di quella gente e cosi spon­tanea la loro venerazione per la Serva di Dio che, ancora oggi, dopo 54 anni dalla morte, possiamo vantare il  possesso di una vasta documentazione di testimonianze, di segni straordinari, di illuminazioni e di grazie ricevute, che un'apposita com­missione storica, già nominata, dovrà accuratamente esami­nare.
La signora Dora Samà, che da ragazza ebbe frequenti con­tatti con la Serva di Dio, nel suo recente libro biografico: "Una vita nascosta in Cristo", scrive: "Non è mai uscito dalla sua bocca un solo lamento; forse erano momenti di dolore quelli in cui esclamava: "Dio mio e mio Tutto".
Quando le persone che andavano a farle visita, in sua presenza, aggiungevano qualche critica durante la conversazione, in quei momenti, fissando il Crocifisso, con voce addolorata ripeteva: "Quanto soffre quel buon Gesù"!
Mariantonia Samà morì, come Gesù sulla croce, in odore di santità, il  27 maggio 1953.
I funerali furono una corale partecipazione di popolo osan­nante alla sua santità e al suo martirio incruento per amore.
Sulla sua tomba fu posta l'epigrafe che è un vero testa­mento spirituale di una vita crocifissa per amore: "Visse per amore, soffrì per amore ed ora dal Cielo a tutti addita la via dell'Amore". Ancora oggi, a distanza di più  di mezzo secolo, il  profumo della sua santità e delle sue virtù eroiche continua a diffon­dersi dentro e fuori del suo paese.
I pellegrini continuano ad accorrere a frotte da tutte le parti a S. Andrea Ionio per visitare e pregare sulla sua tomba, ora trasferita nella Chiesa parrocchiale Santi Pietro e Paolo, per poi recarsi nella vicina casetta a deporre un fiore sul povero letto dove si consumò il  suo calvario di dolorosa crocifissio­ne e per impetrare dalla sua intercessione aiuti e favori cele­sti, per sfogare le proprie pene interiori e chiedere sollievo e conforto per le sofferenze del corpo.
E' veramente commovente ed edificante poter leggere quelle testimonianze di fede, di speranza e di amore che i visitatori scrivono nei registri appositamente collocati in un angolino di quel povero tugurio.
Oltre ad invocare grazie personali, tutti manifestano ferma volontà di conversione e di imitazione della vita e delle virtù della Serva di Dio. In special modo, della sua fede operosa e viva; della sua speranza invincibile; della sua carità senza misura; della sua povertà, umiltà, e purezza di cuore; della sua serenità, pazienza e gioia nel portare la propria croce; della sua generosa disponibilità verso gli altri; della sua illi­mitata fiducia nella divina Provvidenza; del suo totale abban­dono alla Volontà di Dio.
Di tali sublimi esempi abbiamo tutti bisogno, specialmen­te i giovani, per colmare quel vuoto interiore che una cultura negatrice dei valori soprannaturali, sta diffondendo nella nostra società.
Per il  suo stile di vita condotto nella sofferenza, che ne fece una martire di forzata immobilità, la Serva di Dio Mariantonia Samà resta un perenne e luminoso esempio di accettazione incondizionata del dolore ed un sicuro, sublime richiamo per noi a purificarci ed elevarci per mezzo di esso.                              
Roma, 27 aprile 2007
"Ha preso la croce, ha imitato Cristo, suo sposo, ora vive con Lui, splendente come il  sole nell'assemblea dei Santi"    (dalla liturgia).


[1] Osservatore Romano del 27 aprile 2007 n. 95, pagina 4

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